Fiore d’inverno
Il giorno di Natale del 1634 sul monte dove oggi sorge il santuario di Sant’Anna a Borgosesia un roseto, circondato dalla neve, fiorì come se fosse estate. A questo fatto storico, noto come il miracolo di Sant’Anna, è ispirato “Fiore d’Inverno”, il concerto-spettacolo natalizio che verrà proposto lunedì 23 dicembre alle 21 in chiesa parrocchiale a Borgosesia.
“Fiore d’Inverno”, testo e regia di Andrea Piazza, sarà infatti una serata di musiche e testi recitati per rivivere la gioia e la sorpresa di quel Natale di quattrocento anni fa, quando un miracolo tutto borgosesiano fu in grado di ridare serenità e speranza alla gente della nostra valle; ma al miracolo seicentesco fa eco il racconto della vera notte di Natale, quella notte quando a Betlemme una mamma diede alla luce il suo bambino in una stalla, e ancora il racconto del Natale di oggi, tra luci, musiche, regali e scambi di regali, per cercare di capire insieme quale possa essere il senso di una festa di gioia e felicità che si ripete incessantemente da centinaia di anni.
La serata vedrà l’esecuzione di un ricchissimo programma musicale, tutti brani eseguiti dal vivo dai due gruppi partecipanti, l’orchestra giovanile “Giulia Bracchi” di Varallo e il coro “Unità pastorale” di Borgosesia, che si esibiranno insieme nella cornice della chiesa parrocchiale di Borgosesia per questa serata di voci, note e musica. I brani rievocheranno atmosfere e luoghi diversi, da Betlemme a Borgosesia, in un viaggio nelle storie e nel senso del Natale; saranno eseguite celebri colonne sonore, canti natalizi, canti gospel, brani di musica classica e musiche religiose e tradizionali, tra gli altri di Adam, Brahms, Beethoven e Monteverdi.
Ma “Fiore d’Inverno” è anche teatro: accompagneranno i brani, infatti, le voci degli attori della Compagnia teatrale “della Civetta”, che racconteranno quella notte di Natale del 1634, facendola rivivere nell’atmosfera della collegiata borgosesiana.
Voci dipinte. Il divino diventa arte
Nel 1513 Gaudenzio Ferrari porta a termine un impegno assunto diversi anni prima: l’affresco monumentale che ricopre interamente il tramezzo di Santa Maria delle Grazie a Varallo, un’opera dove storia sacra e mondo valsesiano si mescolano, uniti dalle emozioni che Gaudenzio trasmette con le sue pennellate.
Cinquecento anni dopo a Varallo uno spettacolo teatrale celebrerà questo anniversario in modo totalmente nuovo, unendo in una narrazione carica di suggestione storia religiosa e storia valsesiana, immagini e voci: è “Voci dipinte”, il nuovo spettacolo della Compagnia teatrale della Civetta di Varallo.
Lo spettacolo, che andrà a chiudere la tre giorni di manifestazioni di “Jerusalem-Varallo. Arte e spiritualità”, verrà rappresentato domenica 15 settembre alle ore 21.30 presso la chiesa delle Grazie di Varallo (piazza Ferrari, di fronte alla funivia per il Sacro Monte). E il luogo non è casuale: gli attori si muoveranno proprio sotto le figure affrescate cinque secoli fa da Gaudenzio e per una sera presteranno i propri corpi a quelle immagini dipinte. È così che “Voci dipinte” vedrà muoversi in scena i personaggi biblici della Parete fatti uomini e donne in carne e ossa, con tutte le emozioni che un uomo può provare. Perché la Parete di Gaudenzio non è qualcosa di arido e freddo: il bambin Gesù si succhia il dito, la Madonna sviene, Pilato si dispera… Emozioni umane, come quelle di ogni spettatore, animano le figure di Gaudenzio.
Ma lo spettacolo, con una prospettiva nuova e curiosa, cercherà di ridare vita anche alla Varallo di quegli anni di inizio ‘500, anni difficili e pericolosi, segnati dalla guerra in pianura, dalle rivolte dei montanari e dalle violenze dei nobili varallesi. Si muoveranno in scena Gaudenzio Ferrari, il suo allievo, sua moglie e un rappresentante di una delle più importanti famiglie nobili, personaggi storici, realmente esistiti.
“Voci dipinte” sarà sicuramente una serata particolare: per il luogo, per l’argomento, per le suggestioni e le curiosità. Un tuffo nel passato della nostra valle sotto la meraviglia di Gaudenzio.
Lo spettacolo è diretto da Andrea Piazza, che ha curato la regia e il progetto generale. Interpreti: Andrea Botta Leonaro, Chiara Cavallasca, Joyce Conte, Federico Ferro, Stefano Francescato, Sara Gibin, Eugenio Paglino, Andrea Piazza, Lara Princisvalle, Maristella Sala e Tiziano Ziglioli. Collaborazione e consulenza al progetto: Massimo Bonola, Donata Minonzio, Maria Rosa Pantè.
Vortici premiato a Cesena
Per il secondo anno consecutivo la Compagnia ha ottenuto la segnalazione al concorso nazionale di Cesena, questa volta con lo spettacolo “VORTICI. Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male”.
Lo spettacolo, totalmente originale, è stato realizzato per “Passio2012” e per la rassegna “Il mito in pubblico” dell’istituto superiore D’Adda; questa la motivazione del riconoscimento:
Segnalato per aver progettato uno spettacolo originale sul contrasto vorticoso tra opposti, comunque in relazione tra loro, al fine di trasmettere al pubblico valori universali, tramite parole e musiche.

Auschwitz, noi superstiti
“AUSCHWITZ. Noi superstiti“. Nato da un’esplicita richiesta, lo spettacolo vuole essere un modo nuovo, originale e intenso di restituire spessore e vita al ricordo della Shoah.
Sul palco si muovono il Giusto, vittima inascoltata con la sua flebile voce, il Potere, con la sua tecnica burocratica e fredda, il Mostro, padre di tutti i mali passati e moderni dell’uomo, e il Narratore, storico uomo del XXI secolo che deve fare i conti con il passato. Ma, nella spirale buia del dolore, alla Shoah si mescolano i mali moderni dell’uomo: i bambini soldato, il lavoro minorile, le foibe,…
Perché è solo scendendo all’Inferno che si può conoscere il Paradiso.
Perché è solo sentendosi superstiti che potremo non ripetere questi errori.
Giunta alla sua tredicesima edizione, la “Giornata della Memoria” rischia di perdere il suo significato, di diventare una ricorrenza da calendario o, peggio, una giornata piena di retorica e luoghi comuni.
“AUSCHWITZ. Noi superstiti” è nato proprio dall’esplicita richiesta di realizzare un prodotto artistico nuovo per ridare spessore al ricordo della Shoah ed è diventato un’opera corale a cui partecipano la Compagnia teatrale della Civetta, l’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea di Varallo, il Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte, l’Istituto superiore D’Adda di Varallo e i Comuni di Borgosesia e Varallo.
Realizzato appositamente per la Giornata della Memoria 2013, “AUSCHWITZ. Noi superstiti” è uno spettacolo sulla Shoah, ma non solo: è una spirale nella quale i mali dell’umanità si mescolano, dall’Olocausto alle foibe, dal lavoro minorile ai bambini soldato. Perché una sola speranza rimane, ora e in futuro: l’impegno.
E lo spettacolo è nato per questo, per ricercare il «nuovo senso delle cose» di cui parla Etty Hillesum, straordinario esempio di forza morale: ebrea, sceglie volontariamente di vivere nel campo di Westerbork per assistere gli altri fino alla fine, fino a quando anche lei dovrà salire sul treno diretto alla camere a gas di Auschwitz.
Cos’è stata la Shoah se non uno strappo nell’umanità?
Con l’Olocausto ogni uomo (anche noi che non l’abbiamo vissuto) ha rotto il limite dell’umano, ha creato una lacerazione dalla quale è emersa la bestia e attraverso la quale si vede la nostra fine: il territorio grigio dove tutto è possibile e normale.
Ma lo strappo non è tanto l’uccisione di sei milioni di ebrei. Lo strappo sta nella sistematicità, nella normalità burocratica che questo ha assunto. È questo quello che dovrebbe preoccupare di più, perché se uomini normali, «malati in un mondo di malati», hanno potuto fare questo, allora l’Olocausto può riaccadere. Non illudiamoci di vivere nel progresso: l’Europa ha prodotto questo e altri massacri, Srebrenica lo dimostra. Non illudiamoci di poterci non pensare: la storia si ripete e falcia chi non sa comprenderla. Quante volte pensiamo l’Olocausto come una cosa lontana? Nel mondo le donne continuano a essere violentate, i bambini continuano a essere mandati in guerra come soldati o sfruttati nel lavoro, torture e massacri si consumano nel silenzio,… Niente di tutto questo è lontano, perché tutto questo può riaccadere o sta già accadendo da qualche parte. Ma allora cosa può fare ognuno di noi? Sentirsi superstite.
I superstiti siamo tutti noi, non solo coloro che sono sopravvissuti fisicamente all’Olocausto.
Nessun rifiuto dell’orrore può nascere se non ci sentiamo toccati e nauseati dalle tragedie che continuano ad avvenire. Nessuno potrà mai accedere al Paradiso se prima non ha conosciuto l’Inferno.
E la salvezza è possibile.
È possibile perché la nostra umanità ha prodotto cose stupende: «la vita può essere felice e magnifica, ma lo abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità», recitava Chaplin già nel ’40.
È possibile perché tutti noi, insieme, siamo in grado di dire «Sia la luce!» là dove vediamo solo buio.
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